Il bello della poesia è quanto sia onnipresente nella nostra vita quotidiana, spesso senza che ce ne accorgiamo. Di solito è pensato come un sistema arcaico e rigidamente strutturato di parole/significati, che devi rileggere più volte per apprezzare veramente. Non mi è mai piaciuto questo approccio perché tratta l’arte come se avesse un solo significato, mentre tratta i pensieri personali del lettore sull’opera come fondamentalmente irrilevanti se non sono conformi al consenso accettato. Sembra che sarebbe più utile se smettessimo di guardare alla poesia come qualcosa che dovremmo apprezzare e più come qualcosa che dovremmo godere.
Uno dei punti principali della scrittura e lettura di poesie è quello di lasciare che le parole si fondono con le proprie esperienze di vita in modo da poter avere un incontro delle menti con uno scrittore che ammiri. Ho questa teoria totalmente indimostrabile che le persone gravitano naturalmente verso le opere d’arte a cui possono relazionarsi. Il più delle volte non c’è un tentativo consapevole di trovare un’opera d’arte per il momento giusto. Spesso succede, indipendentemente dalla nostra volontà umana.
Pensa al tempo in cui hai guardato un film che sembrava riassumere il modo in cui ti sentivi quando sei entrato in teatro. O forse c’era un libro che hai letto una volta in cui la narrazione sembrava riecheggiare le tue idee interne sulla vita. Considero l’ascolto di Bob Dylan come il primo tempo reale che mi è successo e più recentemente è stato leggere Infinite Jest di David Foster Wallace. Impegnarsi con l’arte in questo modo può essere un rimedio per la solitudine perché ci mostra che tutti hanno gli stessi sentimenti che facciamo con la stessa forza di noi.
La grande poesia, e per estensione la grande scrittura in generale, non è qualcosa che puoi quantificare e scrivere in un processo x,y,z/passo dopo passo. Spesso non è molto logico. Quando funziona lo sentirai nel tuo essere più intimo (fondamentalmente la tua anima se sei incline alla terminologia religiosa) e cerchi di spiegare perché di solito sgonfia solo una parte dell’esperienza. Certo, puoi notare tutte le tecniche utilizzate (allitterazione, onatopea, rima) e parlare di come ti fanno sentire, ma alla fine della giornata questo non spiegherà perché ottieni un senso di catarsi leggendo qualcosa con cui ti connetti a livello intestinale/spirituale.
Il punto che sto cercando qui è che non hai necessariamente bisogno di una struttura formale, di una rima o di un metro tradizionale per fare qualcosa di “poetico” dalle tue parole e dai tuoi pensieri. La poesia è dedicata a descrivere le cose che non abbiamo altro sbocco per. Cose come quanto ami i tuoi genitori o i pensieri inconsapevolmente complessi che hai quando guardi il cielo.
La lingua che parliamo ci viene insegnata quando non siamo nemmeno abbastanza grandi da ricordare di averla imparata. È lo strumento più potente che abbiamo come specie per spiegare ad altre persone come appare il mondo attraverso i nostri occhi. Ognuno ha le proprie piccole stranezze di parola e modelli di pensiero. La poesia è semplicemente scrivere le tue esperienze individuali nel modo in cui le ricordi e lasciare che i lettori vedano cosa vuol dire essere te per un paio di pagine.
Quindi vai a fare qualcosa di significativo e condividilo con una persona che ami!